9 Marzo 2010
Le proposte di Coldiretti Piemonte ai candidati, ai partiti e agli schieramenti

TORINO – In occasione della prossima consultazione elettorale del 28 e del 29 marzo 2010 per il rinnovo del Consiglio regionale, la Coldiretti presenta il documento ai candidati alla presidenza della Regione, ai partiti e agli schieramenti.
La Coldiretti, come ha ribadito recentemente al Lingotto il presidente nazionale Sergio Marini, ha sepolto da tempo il collateralismo partitico assumendo il ruolo di sindacato d’impresa e forza sociale. Il percorso di evoluzione del modello di rappresentanza messo in atto da Coldiretti muove da una considerazione: al centro della discussione e degli interessi c’è oggi il cibo più che il prodotto agricolo. È una distinzione importante poiché, se è vero che senza agricoltura non può esserci cibo, è altresì vero che quest’ultimo esce da un percorso di filiera del quale il prodotto agricolo è una parte, importante ma non esclusiva.
La dimostrazione più evidente è l’andamento dei prezzi registrato nell’ultimo anno: quelli alla produzione sono diminuiti, in alcuni casi addirittura crollati, ma ciò non ha influito su quelli al consumo. Un tale scenario ha reso necessaria un’evoluzione del modello di rappresentanza che Coldiretti ha avviato ormai da diversi anni con il progetto di rigenerazione dell’agricoltura italiana.
Un progetto che ha portato ad ampliare l’orizzonte delle imprese, anche attraverso strumenti normativi innovativi come la legge di Orientamento che ha introdotto il concetto di multifunzionalità e ha allargato l’operatività delle imprese agricole dalla produzione alla trasformazione e alla vendita.
Per tradurre economicamente tale cambiamento culturale era necessario farsi carico di quei passaggi del percorso che va dal prodotto agricolo alla filiera agroalimentare, sino a oggi gestita da altre categorie.
La rappresentanza è stata quindi allargata ai soggetti della cooperazione – di qui la costituzione di Unci-Coldiretti – e al sistema dei Consorzi agrari, fino ai mercati per la vendita diretta dei prodotti agricoli di Campagna Amica.
Una scelta che poggia sul progetto operativo messo in campo dalla Coldiretti che è stata chiamata “Filiera agricola tutta italiana” e che, dinanzi alla situazione attuale, è diventata centrale per sconfiggere le due grandi ingiustizie che mettono a rischio la sopravvivenza stessa dell’impresa agricola.
La prima è il furto di valore aggiunto, ai danni delle nostre imprese. Se i prezzi all’origine sono bassi la colpa non è solo della crisi internazionale, come qualcuno vorrebbe farci credere, ma anche delle distorsioni all’interno della filiera che si avvantaggiano dello scarso potere contrattuale della parte agricola, senza che a beneficiarne siano i consumatori.
La seconda anomalia consiste anch’essa in un furto, ma stavolta di identità. Sino a quando non ci sarà una chiara identificazione del prodotto attraverso l’etichettatura obbligatoria dell’origine, sarà possibile continuare a utilizzare immagini, loghi, slogan che richiamano il Made in Italy senza che nel prodotto stesso ci sia un grammo di prodotto nazionale e senza che le imprese agricole italiane vedano premiato il proprio lavoro.
L’obiettivo del progetto per una Filiera agricola tutta italiana è dunque quello di tagliare le intermediazioni e arrivare a offrire attraverso la rete di Consorzi agrari, cooperative, mercati dei produttori, agriturismi e imprese agricole, prodotti alimentari a chilometri zero, al cento per cento italiani, firmati dagli agricoltori e al giusto prezzo.
L’effetto della riduzione dei passaggi e delle intermediazioni con un rapporto più diretto tra agricoltori e consumatori garantirà maggiore efficienza; in tal modo sarà possibile assicurare acquisti convenienti alle famiglie e sostenere il reddito degli agricoltori.
Solo 17 centesimi su un euro speso dai consumatori rimangono nelle tasche degli agricoltori; alcuni anni fa erano 25. Se non si introducono elementi radicali che invertano le ragioni di scambio, ci sono tutte le premesse perché tale “valore” scenda ulteriormente. Qui non c’entra né la crisi mondiale, né altro: si tratta semplicemente di una prolungata rapina.
«Si è creato, in sostanza, – ricorda il presidente Sergio Marini – uno spazio di intervento sul mercato che può e deve essere occupato direttamente da noi, anche perché siamo noi e nessun altro che possediamo il più ricco patrimonio agricolo-alimentare, riconosciuto e distintivo, che esiste sulla faccia della Terra».
Vi sono poi alcune questioni che Coldiretti evidenzia a quanti si apprestano alla battaglia politica, invitando i vari schieramenti a tenere conto che vi sono nodi da sciogliere le cui scelte sono inderogabili.
Innanzitutto la rintracciabilità dei prodotti per far conoscere ai consumatori l’origine di quanto va a finire nel loro piatto, anche quando il cibo viene confezionato e lavorato dalle industrie alimentari.
Inoltre, in stretta connessione con l’origine dei prodotti, vi è la valorizzazione degli stessi quale autentica espressione del territorio. Teniamo in considerazione che il Pil – prodotto interno lordo – generato dalla sola agricoltura piemontese coinvolge 68.000 occupati di cui 17.000 dipendenti su un totale di quasi 75.000 aziende agricole censite dalla Regione.
Sono allevati sul territorio piemontese 861.000 capi bovini, 1.260.000 capi suini, 12 milioni di avicunicoli, 106.000 ovini e 46.000 caprini. Vi sono 118.000 ettari di superficie coltivata a riso, 332.000 a cereali, 115.000 a prati permanenti. E poi ancora 21.000 ettari coltivati a frutteto altamente specializzato, 45.000 a vite, 12.000 a nocciole, 6.000 a castagne e quasi 2.000 a vivaio e coltivazioni floricole. È dunque del tutto evidente che l’agricoltura piemontese, oltre a generare occupazione e lavoro, agisce su un territorio ampio, contribuendo alla salvaguardia dello stesso e alla tutela dell’ambiente naturale.
Coldiretti ambisce dunque a valorizzare ed esaltare tipicità e tradizionalità proprie di un territorio che con il vecchio modello di agricoltura industriale non ha più nulla da spartire, evitando che, con la globalizzazione, si portino a scomparire le imprese agricole.
Anche il “no” agli organismi geneticamente modificati, che un po’ tutte le forze politiche vanno sostenendo, rappresenta per Coldiretti una scelta economica e il punto di partenza per tutelare le specificità del territorio e la qualità dei prodotti, anche per evitare che nell’economia agricola globalizzata tutti gli alimenti siano indistinti e omologati.
Chi sarà chiamato a governare il Piemonte dovrà preoccuparsi di ridurre i troppi passaggi commerciali; in questo modo sarà possibile contenere i prezzi al consumo e contribuire a salvaguardare l’ambiente, diminuendo i mezzi di trasporto che transitano giornalmente sulle nostre strade e con essi il tasso di inquinamento. La logistica è uno dei principali punti per un’agricoltura che mira alla qualità.
Occorre infine non dimenticare che le risorse agro-ambientali che il nostro territorio offre diventano sempre più un patrimonio di tutta la società. La salvaguardia dell’ambiente e degli spazi rurali, insieme al rispetto di chi giornalmente se ne occupa, rappresentano obiettivi a cui la nostra società deve inevitabilmente tendere, trovando in essi la forza per un rilancio sociale ed economico.
Secondo Coldiretti, risulta indispensabile tornare a valorizzare la risorsa acqua. Essa rappresenta una fonte non indifferente sia per l’irrigazione sia per la produzione di energia pulita. La realizzazione di serbatoi artificiali in quota rappresenta un investimento per il Piemonte, purché siano compatibili con l’ambiente e venga riconosciuta alle zone montane il valore di tale risorsa.
Coldiretti chiede che la nuova amministrazione regionale accompagni la progettualità della Filiera agricola tutta italiana affinché si instauri un rapporto fiduciario e di trasparenza fra i produttori e i consumatori; tale progettualità, inoltre, potrebbe costituire un valido tassello in risposta alla disoccupazione e alle necessità di molte piccole e medie imprese industriali che potrebbero convertirsi sull’agroindustriale. Di qui la necessità di un Psr – Programma di sviluppo rurale – di più facile attuazione, veloce nelle risposte alle imprese, innovativo rispetto ai processi di trasformazione. Al Psr è collegata la necessità di un organismo pagatore più snello e meno farraginoso nella gestione dei fondi europei.
Infine, ma non per questo meno importante, è necessario ricordare che buona parte della manodopera utilizzata dalle imprese agricole piemontesi è extracomunitaria o comunque straniera. Il carico burocratico, i tempi necessari per ottenere le dovute autorizzazioni creano una situazione di gravi difficoltà alle imprese agricole. In questo caso la Regione può essere parte attiva per la semplificazione delle procedure.
La Coldiretti, qualunque sia il responso delle urne, si dichiara sin da adesso disponibile ad un’interazione con le istituzioni per partecipare alla futura progettualità del governo subalpino, nell’interesse del settore primario, degli imprenditori agricoli e dei cittadini tutti.
Torino, 2 marzo 2010
Coldiretti Piemonte

Verso il voto
Lettera di Riccardo Chiabrando ai soci
Cari Soci,
il 28 e il 29 marzo 2010 siamo chiamati a rinnovare i rappresentanti alla Regione Piemonte. È dovere di tutti noi cittadini recarci alle urne per esprimere la nostra preferenza all’interno di una coalizione. Nella delusione di un momento politico di grande confusione, in cui sembrano prevalere la corruzione, gli interessi privati,le azioni di rappresentanti del voto elettorale che agiscono al riparo della politica e della legge, mai come ora sono convinto che la decisione che la Coldiretti ha preso alcuni anni fa di slegarsi da ogni legame partitico sia vincente. Ritengo pertanto che la scelta della concertazione e della trattativa con le istituzioni sia la strada che ha portato maggiori risultati. Noi uomini e donne imprenditori agricoli, portatori di valori forti, abbiamo una profonda responsabilità e un grande ruolo: coltivare la terra e produrre il cibo per l’umanità.
Come possiamo determinare il rinnovamento della politica e di coloro che andranno a rappresentare gli interessi del mondo rurale, quelli veri? Innanzitutto dobbiamo valutare con attenzione chi veramente si è impegnato per il comparto, chi ha capito che l’agricoltura è davvero il settore primario, chi ha dato risposte serie alle nostre esigenze. Tanti sono i falsi profeti che in questi giorni vengono a bussare alle nostre cascine con facili promesse; tutti sono improvvisamente diventati i paladini dei coltivatori.
Guardiamo a chi propone progetti seri, a chi dimostra credibilità, a chi conosce le nostre fatiche, i nostri sacrifici e le difficoltà che stiamo vivendo e che magari ha anche vissuto in prima persona la realtà agricola. Persone serie, trasparenti, affidabili. Apriamo gli occhi ed esprimiamo il nostro voto; rechiamoci tutti alle urne, in massa, perché ciò che andiamo a scrivere sulle schede con le nostre mani callose ha un alto valore e potrebbe contribuire a cambiare le sorti del Piemonte.
Riccardo Chiabrando
presidente Coldiretti Torino

I MERCATI DELLA DOMENICA DI CAMPAGNA AMICA

     

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