TORINO - «I danni alle colture agricole da parte dei cinghiali sono una realtà consolidata, con un pesante impatto economico sul settore agricolo. Nonostante le pressanti richieste di intervento di abbattimento presentate dagli agricoltori negli ultimi anni il problema non sembra trovare soluzione – afferma Fabrizio Galliati, presidente di Coldiretti Torino –. La conta dei danni effettivi è difficile da realizzare, anche perché l’introduzione del De Minimis, con il tetto massimo di 15mila euro per azienda nell’ultimo triennio, scoraggia le richieste di risarcimento. Oltre agli ingenti danni alle coltivazioni, soprattutto quelle del mais di cui gli ungulati sono ghiotti, sono da tenere in considerazione anche gli incidenti stradali, in alcuni casi mortali. Ad esempio come accaduto alla settantenne deceduta nel dicembre del 2017 nel Chivassese precipitata con l’auto in un dirupo».
Fabrizio Galliati denuncia: «Il recente programma per il contenimento del cinghiale è più ampio rispetto ai precedenti: permette di intervenire ovunque e ci sono anche gli strumenti per andare in questa direzione. Peccato non ci sia la strenua efficacia da parte degli ATC, gli Ambiti territoriali di caccia, e dei CA, Comprensori alpini. Nel 2012 sono stati abbattuti 452 cinghiali: nell’anno 2013 gli interventi si sono intensificati e si è arrivati ad abbattere 913 selvatici. A fronte di tali interventi le richieste di risarcimento danni si sono ridotte da 820 a 380 mila euro. Questo significa che l’aumento degli abbattimenti porta a una drastica riduzione dei danni: in sostanza è la prova che gli interventi sono efficaci». Il presidente di Coldiretti Torino pone in evidenza una contraddizione: «In questi anni le richieste di rimborso presentate dagli agricoltori si sono ridotte a causa del De Minimis e del ritardo con cui vengono elargiti i rimborsi. Da un lato il De Minimis riduce la possibilità risarcitoria per gli agricoltori. Dall’altra il ritardo nell’arrivo dei rimborsi finisce con lo scoraggiare gli imprenditori a presentare le richieste di risarcimento».
«Il parco della Mandria e i comuni limitrofi sono quelli che presentano maggior criticità, ma anche la zona dei cinque laghi, dalle parti di Ivrea e la collina Chivassese a ridosso del Parco del Po – aggiunge Michele Mellano, direttore di Coldiretti Torino -. Negli ultimi due anni non tutti i CA e gli ATC, salvo eccezioni, sono intervenuti come avrebbero dovuto, soprattutto con gli interventi preventivi, tra gennaio e marzo, fondamentali per il contenimento dei cinghiali. Sotto questo punto di vista c’è ancora moltissimo da fare. Bisogna ancora superare anacronistiche resistenze da parte dei cacciatori: c’è un freno a mettersi nella logica della gestione della fauna nell’interesse della collettività e non soltanto del carniere in stagione di caccia».
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LA MAPPA DEI DANNI DA CINGHIALI IN TUTTA LA PROVINCIA DI TORINO
Nel Chivassese la questione cinghiali sta diventando insostenibile. I coltivatori subiscono danni di continuo ed ogni sera ci sono degli incidenti causati dagli animali, per fortuna non mortali, ma dannosi per gli automobilisti che non possono nemmeno più chiedere i danni alla Regione vista la mancanza di fondi. In questa zona le perdite sono cresciute nel 2017: ben 82 contro le 75 dell’anno precedente.
Tra le zone più colpite la collina torinese, ma anche l’eporediese. Le coltivazioni maggiormente colpite sono il mais, seguite dalle piante di nocciolo e l’arboricoltura.
Anche il Parco del Po è in seria difficoltà. Questa porzione di territorio, in quanto protetta, è divenuta una vera oasi di ripopolamento e rimessa diurna di decine se non centinaia di cinghiali. Non solo campi coltivati perennemente devastati, ma anche gravi problemi alla viabilità e agli automobilisti sulla statale ex SS 590 “della Valcerrina”, percorsa giorno e notte da migliaia di autovetture ed attraversata quotidianamente dai cinghiali alla ricerca di cibo. Inoltre le zone di ripopolamento e cattura in molti casi risultano superate e non più puntuali rispetto alla situazione odierna e rappresentano un ulteriore ostacolo al contenimento degli ungulati.
Sulle colline del Chierese la situazione non è migliore, anzi: negli ultimi mesi del 2017 sono aumentate le segnalazioni così come nel parco di Stupinigi i danni ai terreni sono in aumento.
Nel Canavese, tra Caluso ed Ivrea, nel 2017 le richieste di danni sono aumentate del 60 per cento nel comprensorio ATC mentre nel comprensorio alpino, in Valchiusella, del 70 per cento. Situazione decisamente complicata a Castellamonte, con prati devastati dalle bestie selvatiche, complice il commissariamento degli Atc.
A Ciriè, ora che le temperature iniziano ad essere meno rigide, gli animali stanno scendendo a valle devastando le piantagioni. Idem a Pinerolo, dove le coltivazioni sono state messe a dura prova dalla “transumanza” dei cinghiali dalla zona montana a quella premontana. In ultima istanza la situazione più critica, oramai cronica: il parco della Mandria e dintorni, zona che necessiterebbe di una soluzione risolutiva. I coltivatori sono oramai esasperati, esausti e demoralizzati visto il numero dei selvatici divenuto incontrollabile.
-08cdto2018