7 Aprile 2020
Emergenza coronavirus: basta fake news sull’impatto ambientale degli allevamenti

Sono crollati i livelli di inquinamento dell’aria portato da veicoli e industrie

 

TORINO Le immagini del satellite Sentinel 5, del programma europeo Copernicus, gestito dalla Commissione Europea e dall'Esa, Agenzia Spaziale Europea, dimostrano una drastica riduzione dei livelli di biossido di azoto e di altri inquinanti nell'aria della pianura padana e di altre aree del paese. Fabrizio Galliati, presidente Coldiretti Torino, commenta così: «Il crollo dei livelli di inquinamento dell'aria, come conseguenza delle misure emergenziali adottate per il contenimento della diffusione del Covid-19, rende oggi evidente a tutti il fatto che tale inquinamento fosse dovuto in massima parte alla circolazione dei veicoli privati e alle attività industriali. Si rende così finalmente giustizia a tutti gli allevamenti, nei quali si sta lavorando a pieno regime per garantire le forniture di latte e carne alle famiglie italiane, e si smentisce clamorosamente una delle più diffuse fake news sull’impatto ambientale dell’allevamento nazionale».

«A proposito di fake news – prosegue Fabrizio Galliati – vanno anche condannati categoricamente i fantasiosi tentativi di far immaginare un collegamento, del tutto inesistente, tra l’attività di allevamento nazionale e l’epidemia coronavirus, come purtroppo ipotizzato anche da qualche trasmissione televisiva pseudo scientifica, con il pericoloso effetto di screditare e depotenziare la capacità produttiva dell’allevamento nazionale e di favorire le più bieche speculazioni».

«È bene ricordare invece che la zootecnia, al contrario, costituisce elemento indispensabile nel ciclo naturale e alimenta virtuose economie circolari – aggiunge Fabrizio Galliati –. Questo perché gli animali, in particolare i ruminanti, hanno la capacità di utilizzare alimenti che gli uomini e altri animali non sono in grado di digerire, e di trasformarli in proteine nobilissime ed essenziali per la nostra salute. La loro alimentazione è costituita in massima parte proprio da foraggi per noi indigeribili e da sottoprodotti e scarti dell'industria alimentare umana: paglie, crusche, polpe esauste, bucce, ecc. Durante la loro vita non producono solo il latte, ma anche letame e liquami e così facendo chiudono il cerchio della natura, fornendo sostanza organica indispensabile per conservare la fertilità dei suoli, per consentire l’agricoltura biologica e garantire la qualità della produzione vegetale destinata all'alimentazione umana. I liquami poi costituiscono lo starter essenziale per tutti gli impianti di produzione di biogas, consentendoci di ridurre il consumo di combustibili fossili». «Quando finisce il loro ciclo di vita – aggiunge Fabrizio Galliati –, non si limitano a fornirci carne, spesso di inestimabile qualità, ma anche pellame, caglio presamico, ossa per produrre gelatine, sangue per produrre concimi organici, persino tessuti per valvole cardiache. Di loro insomma non si butta via nulla, ma si valorizza tutto, in una economia circolare completa».

Michele Mellano, direttore di Coldiretti Torino, aggiunge: «La carne e il latte italiani nascono da un sistema di allevamento, che per sicurezza e qualità non ha eguali al mondo, consolidato anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne attraverso le fattorie e i mercati di Campagna Amica. Scegliere latte e carne Made in Italy significa anche sostenere paesaggi e territori, perché stiamo parlando di un sistema fatto di animali, di prati per il foraggio e soprattutto di persone, spesso da intere generazioni, impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado ambientale».

«L’emergenza coronavirus – continua Michele Mellano – ha fatto emergere tutta la centralità delle filiera nazionale di latte e carne, ma non può far dimenticare che le nostre stalle e i nostri ovili si sono svuotati e che la Fattoria Italia nell’ultimo decennio ha perso circa un milione di pecore e agnelli, a quasi 800mila maiali e 200mila bovini e bufale. Un addio che ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili, dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, spesso a causa dei bassi prezzi pagati per il latte e per la concorrenza sleale dei prodotti di dubbia qualità importati dall’estero. Ancora oggi, in piena emergenza coronavirus, ogni giorno 5,7 milioni di litri di latte straniero attraversano le frontiere e invadono l’Italia, con cisterna o cagliate congelate low cost, proprio mentre alcune aziende di trasformazione cercano di tagliare i compensi riconosciuti agli allevatori italiani, con la scusa della sovrapproduzione e dei ridotti consumi».

«Una tendenza preoccupate che va combattuta – conclude Michele Mellano – con un adeguato riconoscimento economico e sociale di quanti hanno la responsabilità in questo momento di garantire alimenti essenziali al giusto prezzo, di fronte alla difficile esperienza della limitazione delle movimentazioni e del blocco di molte attività funzionali all’allevamento come la meccanica agricola».

La consistenza del patrimonio zootecnico della provincia di Torino – dati giugno 2019 – conta 240mila bovini, 1.010 bufali, 36.700 ovini, 15mila caprini, 39mila conigli, 2.900 equini, 917 asini e 2.340.000 avicoli. In tutta la regione Piemonte sono allevati: 800mila bovini, 3.310 bufali, 106mila ovini, 60mila caprini, 570mila conigli, 9mila equini, 3.731 asini e 177.170.000 avicoli.

 

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