TORINO «La cancellazione dell’Irpef agricola riconosce finalmente la specificità dell’attività agricola». Lo ha detto nei giorni scorsi Roberto Moncalvo, presidente nazionale della Coldiretti, al Mandela Forum di Firenze, durante l’incontro che ha visto presenti diecimila agricoltori associati nel corso del quale il premier Matteo Renzi ha annunciato che “nel quadro economico del Def, cui seguirà la legge stabilità il prossimo 15 ottobre, abbiamo previsto, a partire dal 2017, la cancellazione della parte di Irpef agricola che le aziende pagano”. Il premier ha spiegato che il provvedimento rientra nella logica del passo dopo passo e arriva dopo l’eliminazione di Imu e Irap. Si tratta un’operazione che dà il senso del valore sociale dell’agricoltore e del contadino perché, in questi ultimi anni, in Italia all’agricoltura non è stato dato il giusto peso e il giusto ruolo».
Fabrizio Galliati, presidente Coldiretti Torino, afferma: «Sono quattrocentomila gli agricoltori italiani che beneficeranno della cancellazione dell’Irpef agricola che riconosce finalmente la specificità dell’attività del settore primario. Questo emerge da una analisi della Coldiretti sugli effetti dell’annuncio del premier. L’eliminazione dell’Irpef per le attività agricole determina un risparmio stimato in 200 milioni di euro totali per le imprese agricole. Si riconosce finalmente che l’agricoltura è un bene comune perché nel fare impresa produce effetti positivi sul piano ambientale, paesaggistico e culturale che tutti i cittadini possono apprezzare».
«Sempre a Firenze il Governo, si è impegnato a fare in modo che venga riconosciuta come Made in Italy la pasta fatta con grano italiano – rimarca Fabrizio Galliati – che non può essere pagato come 20 anni fa. Con l’etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre la pasta si cambia direzione anche nella trasparenza dell’informazione ai consumatori in una situazione in cui un pacco di penne e spaghetti su tre contiene prodotto straniero senza che il consumatore lo sappia. Dopo il piano cerealicolo e i contratti di filiera che premiano l'origine nazionale del grano, condivisi con determinazione e proposti dal ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, si tratta di una necessità per contrastare le speculazioni che nell’ultimo anno hanno provocato il crollo del prezzo del grano duro destinato alla pasta che è praticamente dimezzato mentre si registra un calo del 19 per cento per quello del grano tenero, destinato alla panificazione con i compensi degli agricoltori che sono tornati ai livelli di 30 anni fa. Il risultato è che oggi il grano duro per la pasta viene pagato sotto i 18 centesimi al chilo, mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori al di sotto dei costi di produzione e con un “crack” da 700 milioni di euro per il Granaio Italia».
–61CDTO2016 –