19 Gennaio 2024
Qualità dell’aria, basta criminalizzare l’agricoltura

L’agricoltura non è la prima responsabile dell’inquinamento dell’aria, anzi, l’allevamento e l’agricoltura servono per migliorare la sostenibilità ambientale. Su queste conclusioni si sono trovati d’accordo mondo scientifico e mondo agricolo a confronto oggi a Torino con il convegno “Allevamenti e qualità dell’aria” organizzato nel capoluogo subalpino da Coldiretti Torino con i Dipartimenti di Scienze agrarie e veterinarie dell’Università di Torino.

Il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini, ha respinto le accuse agli allevamenti e alle pratiche agricole troppo spesso additate come la causa principale della formazione delle polveri sottili che minacciano la salute dei cittadini della Pianura Padana. «Le nostre aziende agricole – ha detto Prandini - sono sempre disponibili ad accettare l’innovazione che viene dalla ricerca scientifica. I nostri agricoltori sono i primi a cercare una sempre maggiore sostenibilità delle pratiche agricole. Ma quello che non possiamo accettare è essere accusati di fare ammalare la gente. Siamo stufi di assistere a una cattiva informazione sul nostro mondo e non siamo disposti ad accettare che si parli di chiusura degli allevamenti per migliorare la qualità dell’aria».

A Prandini ha fatto eco il ministro dell’ambiente e sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha ricordato l’opposizione del governo italiano che è riuscita a bloccare in Europa il tentativo di equiparare gli allevamenti alle grandi fabbriche. «Gli obiettivi sulla qualità dell’aria – ha detto il ministro – si raggiungono lavorando su più fronti ma soprattutto sul fronte energetico. C’è bisogno di equilibrio e di tempo. Il 2030 per centrare gli obiettivi strategici non basta: abbiamo chiesto almeno 5 anni in più».

La presidente di Coldiretti Piemonte, Cristina Brizzolari e il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici, hanno ricordato che l’agricoltura è pronta a migliorarsi e a diventare sempre più sostenibile «ma non per questo – hanno ricordato i due presidenti – accetteremo che si chieda agli allevamenti di chiudere».

Secondo Barbero, direttore Generale di ARPA Piemonte, ha ricordato, che, in Piemonte, il Pm10 prodotto direttamente dall’agricoltura tocca una percentuale minima, intorno al 4-5%. Ma rimane il problema delle emissioni di ammoniaca che producono particolato secondario. «Sappiamo che il Pm10 secondario generato dall’ammoniaca contiene meno sostanze dannose per la salute rispetto al Pm10 primario. Sappiamo anche che vanno approfonditi i modelli di formazione e dispersione del particolato secondario in un’area a scarso ricambio di aria come la Pianura Padana. Intanto registriamo un miglioramento complessivo della qualità dell’aria in Piemonte a conferma che agire su fronti diversi, ad iniziare dal traffico, porta risultati».

Al convegno sono intervenuti anche Carlo Grignani, direttore Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino che ha ribadito che non ha senso chiedere la chiusura degli allevamenti per migliorare la qualità dell’aria. Francesco Tresso, assessore al verde pubblico del Comune di Torino ha ricordato l’importanza ambientale dell’agricoltura per una metropoli come Torino. Marco Protopapa, assessore all’agricoltura e cibo della Regione Piemonte ha annunciato che saranno chieste più risorse per accompagnare gli allevamenti verso la riduzione dell’impatto ambientale. Gianfranco Guerrini, consigliere delegato all’ambiente della Città Metropolitana di Torino ha ricordato le azioni di area vasta svolte per il contrasto all’inquinamento dell’aria.

Per l’Università di Torino sono intervenuti con presentazioni scientifiche: Davide Biagini, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino che ha affermato l’importanza degli allevamenti animali per la qualità ambientale dei territori; Laura Zavattaro, del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino Giampiero Lombardi, Dipartimento di Scienze Agrarie che hanno ricordato lo stretto legame tra la biodiversità dei prati stabili e la presenza degli allevamenti. Elio Dinuccio del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino ha illustrato le tecnologie per ottimizzare la filiera degli effluenti di allevamento riducendo l’impatto sulla qualità dell’aria e ottimizzare il bilancio del carbonio.

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