Parte la vendemmia in provincia di Torino. Ma sono davvero pochi i viticoltori che possono festeggiare. Perché quest’anno mancherà vino.
Per le 936 aziende vitivinicole della provincia di Torino che coltivano 816 ettari di vigne si registra un calo di produzione che, a seconda delle zone e delle abilità dei produttori, varia dal 20 ad, addirittura, l’80%. Complici le piogge continue che, quasi quotidianamente, hanno martellato i vigneti del Torinese e del Canavese tra maggio e giugno, ma anche una gelata davvero tardiva e quindi inaspettata, che, a inizio maggio, in molte zone ha compromesso le fioriture delle viti.
«Questa annata 2024 conferma che la viticoltura torinese è drammaticamente in balìa del cambiamento climatico – commenta il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Abbiamo assistito a un 2022 senza acqua che ha messo in crisi la crescita delle piante con i nostri viticoltori che ci hanno chiesto un Piano invasi anche per le zone collinari. Abbiamo visto un 2023 con le grandinate che hanno devastato i vigneti. Ora assistiamo a un anno dove l’umidità tropicale ha creato un microclima per nulla congeniale alla vite. Ma anche i fenomeni delle gelate tardive sono sintono del cambiamento del clima: fa caldo nel tardo inverno, così le viti, ingannate, germogliano prima del solito. Ma poi arriva un’incursione di aria gelata tipica di un inverno normale e uccide gemme o i fiori. Anche per la viticoltura è evidente che non sono più rinviabili quegli interventi in grado di affrontare un clima che è ormai tropicalizzato. Servono piccoli bacini per l’acqua, assicurazioni adeguate per i danni da clima, sostegni alle imprese che devono affrontare spese crescenti. La produzione dei nostri vini, famosi in tutto il mondo, è sempre più strategica per il sistema agroalimentare torinese. Non si può non tenerne conto».
Il clima piovoso, alternato a un termometro sempre spinto oltre le medie stagionali, ha creato le condizioni per una diffusione straordinaria di malattie fungine come la Peronospora e lo Ioidio: le spore di questi funghi microscopici, da sempre nemici della vite, si posano sulle foglie e, se trovano umidità e temperature calde, fanno partire la formazione dei miceli dentro la pianta. Entrambe le malattie devono essere curate subito. Bastano pochi giorni e la Peronospora non si può più fermare e uccide il grappolo. Per lo Iodio stesso discorso, con la differenza che non fa seccare il grappolo ma rende difficilissima la vinificazione e spesso l’uva va distrutta.
Molti viticoltori hanno dovuto rinviare gli interventi necessari per fermare le malattie fungine perché i terreni erano talmente molli per le piogge che non si poteva entrare in vigna con i mezzi. Questi produttori hanno ora perdite del 70-80 per cento. Si è salvato chi ha passato davvero tanto tempo in vigna con costi di produzione altissimi.
Il raccolto scarso, però, consegna una buona qualità delle uve. Ottimi tassi zuccherini, di tannini e di polifenoli che regaleranno ottimi vini. Mancheranno le quantità che i mercati in espansione dei vini del Torinese e del Canavese stanno arrivando a richiedere. Dai circa 98mila quintali di uve prodotte in media in provincia di Torin si potrebbe scendere a circa 60mila quintali. Mentre dai 63mila litri di vino imbottigliati il calo porterebbe la produzione ad appena 37mila litri.