La Città Metropolitana di Torino ignora gli appelli degli agricoltori per trovare una soluzione immediata al problema dei danni dei cinghiali nel territorio dei 5 Laghi di Ivrea.
Da oltre un mese è infatti decaduta la gestione faunistica precedente che permetteva almeno l’intervento dei selecontrollori per abbattere i cinghiali nelle ore notturne.
Da oltre un mese, per la precisione, 40 giorni, infatti, è entrato nelle sue funzioni il Parco dei 5 laghi di Ivrea, la nuova inutile area protetta gestita direttamente dalla Città Metropolitana di Torino e istituita con il blitz di due consiglieri regionali al termine dell’ultima seduta di Consiglio della scorsa legislatura regionale.
«Molto prima della scadenza del 1 giugno – ricorda il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – avevamo chiesto al nuovo consigliere delegato all’ambiente, tutela fauna e parchi della Città Metropolitana, Alessandro Sicchero, di intervenire immediatamente per scongiurare lo stop al contenimento dei cinghiali che si rifugiano nell’area dei 5 laghi, da sempre chiusa alla caccia ma aperta ai contenimenti. Dalla Città Metropolitana non è mai arrivata una risposta. Questo mentre si moltiplicano le segnalazioni di danni alle coltivazioni nelle zone intorno al nuovo Parco».
A causa del suo nuovo status di area protetta, come temeva Coldiretti, la gestione faunistica in questo territorio deve essere regolata da un apposito Piano del Parco. «Abbiamo sempre denunciato il progetto del Parco come un inutile appesantimento burocratico per un territorio che era già protetto come zona di divieto di caccia ordinaria e come Zona a protezione speciale della Rete Natura 2000. Una protezione che permetteva, però, il controllo delle popolazioni dei cinghiali. Ora, è tutto fermo in attesa degli strumenti di gestione obbligatori per legge nelle zone denominate “parchi”. Intanto, gli agricoltori continuiamo a contare i danni su prati, mais, castagne, viti e continua il pericolo degli incidenti stradali nelle strade dei Comuni del Parco».
Coldiretti Torino ha sempre osteggiato il nuovo Parco sostenendo che le risorse necessarie per l’avviamento burocratico e gestionale e per il suo funzionamento ordinario andassero invece spese per bandi di gestione ambientale, naturalistica e di turismo verde che possano coinvolgere le aziende agricole del territorio Eporediese.
«Il Parco è stato solo un feticcio elettorale. Si è scelto il blitz contro l’agricoltura invece di ragionare su un piano concreto di sviluppo sostenibille di quest’area naturale già protetta ma mai gestita. Invece di pensare in grande e di rendere questo territorio un vero laboratorio di sostenibilità dal basso, coinvolgendo le forze vive del territorio, si è scelta la via anacronistica del Parco. Una scatola vuota, inutilmente costosa, senza idee. Faccio un esempio? L’unica proposta concreta avanzata il giorno dopo il voto che istituiva il nuovo Parco è stata la realizzazione di un parcheggio sul Lago Sirio. Ci voleva un Parco istituito con legge regionale per fare un parcheggio per i turisti? No. Bastava il Piano regolatore comunale. Così si parla di un parcheggio e non si parla di gestione del bosco, di prevenzione contro gli incendi, di rete degli agriturismi, di miglioramento della qualità delle acque dei laghi, di gestione delle specie ittiche autoctone, di miglioramento dell’avifauna ed eradicazione delle piante esotiche, di rilancio delle produzioni agroalimentari tipiche. Non vogliamo che prevalga una visione di Parco come parco divertimenti e dei laghi come le spiagge di casa, e non come territorio dove sperimentare modelli di gestione complessiva della biodiversità».