26 Maggio 2023
Nuovo ospedale di Ivrea, scegliere un sito senza rischio allagamenti

Per la scelta del sito più adatto al nuovo ospedale di Ivrea Coldiretti Torino chiede che si tenga conto del rischio idrogeologico oltre che del consumo di suolo agricolo oltre che della facilità di accesso. Coldiretti Torino conferma, quindi, la richiesta di escludere l’area “Ribes” di Pavone Canavese dalle aree tra cui scegliere l’area di realizzazione del nuovo ospedale di Ivrea. «Dei tre siti selezionati – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici - l’area di Pavone è quella esposta al consumo di suolo agricolo e, soprattutto, al rischio idraulico, come sanno bene amministratori e agricoltori. Al contrario, le aree ex industriali “Palazzo Uffici Olivetti” e “Montefibre” sono indenni da rischi idrogeologici e soprattutto sono spazi dove non c’è agricoltura. Inoltre, da cittadini del territorio, aggiungiamo che sono inserite in zone più accessibili per i residenti di Ivrea e del territorio eporediese».

Sarebbe un errore ripetere gli sbagli del passato, quando in Canavese sono state cementificati territori poi coinvolti in gravi dissesti o in eventi alluvionali. «La recente tragedia della Romagna alluvionata ha fatto venire in mente agli agricoltori l’alluvione del 15 ottobre 2000, quando il Nodo idraulico di Ivrea ha rivelato tutta la sua instabilità idraulica con l’allagamento di vastissime aree di terreni agricoli. Per questo nella scelta del nuovo sito per l’ospedale di Ivrea si deve tenere conto dalla sicurezza idrogeologica. Sembra scontato ma nel dibattito a cui stiamo assistendo sembra che questa sia una questione secondaria».

«La decisione sul luogo dove costruire il nuovo nosocomio eporediese deve essere presa considerando anche l’importanza di preservare al massimo la preziosa capacità del Canavese di produrre cibo di qualità. Il comparto agricolo è per l’Eporediese un settore economico strategico che innesca filiere agroalimentari che oggi generano valore secondo soltanto all’industria elettronica e manifatturiera e che rappresentano bacini occupazionali importanti per un territorio che ha vissuto una preoccupante deindustrializzazione. Trattare i campi coltivati come semplici superfici facili da espropriare sarebbe un grave errore strategico».

 

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