11 Gennaio 2021
Coldiretti: “Deposito rifiuti radioattivi: nella scelta del sito va tutelata la vocazione agricola dei territori”

In Provincia di Torino individuate due aree potenzialmente idonee

nei comuni di Caluso, Mazzè e Rondissone e a Carmagnola

 

Dopo sei anni, è stato pubblicato dalla Sogin, società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari, l'elenco delle aree italiane, individuate come quelle che potenzialmente, potranno ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi italiani. Sono 67 zone che soddisfano 25 criteri stabiliti 5 anni fa e riportati nella Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Per ciascuna delle aree potenzialmente idonee oggi individuate nella Carta è disponibile una relazione sulle caratteristiche geologiche, naturalistiche e antropiche a scala regionale. La mappa, è riportata sul sito del Deposito nazionale www.depositonazionale.it

Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti. Mette le mani avanti: «La scelta deve tutelare la vocazione dei territori in un Paese come l’Italia che può contare sull’agricoltura più green d’Europa con 311 specialità a denominazione di origine (Dop/Igp) riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la leadership nel biologico con 70mila aziende agricole biologiche e il primato della sicurezza alimentare mondiale».

Per quanto riguarda la provincia di Torino le aree individuate  sono due: una prima area con codice To-10, che interessa i comuni di Caluso, Mazzè e Rondissone; una seconda area, con codice To-7, che riguarda il comune di Carmagnola. Fabrizio Galliati, presidente di Coldiretti Torino, in riferimento alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, sottolinea «L’importanza di un processo trasparente per la necessaria messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Le necessarie garanzie di sicurezza vanno accompagnate da una forte attenzione al consumo di suolo evitando nuovi insediamenti con il riutilizzo e la bonifica di aree industriali dismesse». Fabrizio Galliati chiude così: «L’allarme globale provocato dall’emergenza Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno difese e valorizzate per difendere la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero e creare nuovi posti di lavoro. Negli ultimi 25 anni si è perso in Italia oltre un quarto della superficie agricola utilizzabile in Italia, che secondo uno studio della Coldiretti, oggi è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari».

Nel resto del Piemonte  i siti individuati dalla proposta della carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sono altre sei, tutte collocate  in provincia di Alessandria.

Ora, nei due mesi successivi alla pubblicazione prende il via la consultazione pubblica con le Regioni e gli enti locali che presenteranno le loro osservazioni. Occorrerà il consenso della comunità per poi proseguire e, una volta trovato l'accordo, saranno necessari 4 anni per costruire il deposito. L’obiettivo è realizzare un deposito, con parco tecnologico, su un'area di 150 ettari: 110 ettari per il deposito e 40 per il parco. Il deposito vedrà all'interno 90 costruzioni, in calcestruzzo armato, dove saranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, per contenere i rifiuti radioattivi. Rifiuti provenienti dal mondo civile, industriale, della ricerca o medico ospedaliero. In totale, si tratta di 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Il deposito dovrà garantire l’isolamento dei rifiuti radioattivi per più di 300 anni.

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